mercoledì 29 giugno 2016

Letture estive: Storia della gabbianella e del gatto che le insegnò a volare



“[…] Promettimi che non ti mangerai l’uovo” stridette  aprendo gli occhi.

“Prometto che non mi mangerò l’uovo” ripeté Zorba.

“Promettimi che ne avrai cura finché non sarà nato il piccolo” stridette sollevando il capo.

“Prometto che avrò curo dell’uovo finché non sarà nato il piccolo”.

“E promettimi che gli insegnerai a volare” stridette guardando fisso negli occhi il gatto.

Allora Zorba si rese conto che quella sfortunata gabbiana non solo delirava, ma era completamente pazza.

“Prometto che gli insegnerò a volare. E ora riposa, io vado in cerca di aiuto” miagolò Zorba balzando direttamente sul tetto. 


Una perfetta e intensa metafora di ogni rapporto di cura: non mangiare l’altro, prendersene cura, insegnargli a volare. In altre parole: permettergli di diventare grande, senza annullarlo col nostro amore, e insegnargli ad andarsene, in autonomia e libertà. Cos’altro chiedere a un insegnante, a un genitore, a qualsiasi adulto che si occupi dell’infanzia?
 







I gabbiani sorvolano la foce dell'Elba, nel mare del Nord. "Banco di aringhe a sinistra" stride il gabbiano di vedetta e Kengah si tuffa. Ma quando riemerge, il mare è una distesa di petrolio. A stento spicca il volo, raggiunge la terra ferma, ma poi stremata precipita su un balcone di Amburgo. C'è un micio nero di nome Zorba su quel balcone, un grosso gatto cui la gabbiana morente affida l'uovo che sta per deporre, non prima di aver ottenuto dal gatto solenni promesse: che lo coverà amorevolmente, che non si mangerà il piccolo e che, soprattutto, gli insegnerà a volare. E se per mantenere le prime due promesse sarà sufficiente l'amore materno di Zorba, per la terza ci vorrà una grande idea e l'aiuto di tutti...

SEPULVEDA L., Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, Salani