sabato 2 settembre 2017

Lettera a un sasso, ovvero Elogio di ignoranza e curiosità



C’è un tratto che credo debba accomunare i bambini e gli adulti che vivono o lavorano con loro: la curiosità. Sono convinta che essa sia uno tra i requisiti fondamentali per fare, di un insegnante, un buon insegnante.
I nostri sono, senza dubbio, tempi in cui la curiosità può trovare infinite strade per ramificarsi e cercare risposte, oltre che per stimolare nuove domande. E se ciò vale per gli ambiti in cui pian piano ci siamo costruiti, con gli studi o la professionalità, una competenza, è ancor più vero per tutti quelli che, pur suscitando il nostro interesse, non conosciamo approfonditamente.

E così l'ignoranza, quell’ignoranza buona che non ti fa vedere l’ora di scoprire quel che prima non conoscevi, diventa anch'essa un valore.

Forte di questa convinzione, quando si è trattato di scegliere un’attività di scrittura per il corso al Masetto, mi è tornato in mente il post Lettera a un sasso scritto e condiviso da Giovanna Zoboli per Doppiozero. Un pezzo che ho molto amato e che periodicamente torno a leggere, convinta che ogni volta abbia qualcosa da dirmi.
 
Ho chiesto quindi ai partecipanti di portare un sasso, o di raccoglierlo durante le uscite sul posto.




 (regalo di Federica)





A quel punto, ho pensato ad una bibliografia di riferimento, narrativa e per immagini, in parte suggerita dall’articolo stesso. In uno dei pomeriggi trascorsi insieme, ho narrato ai ragazzi le attività realizzate negli anni scorsi a scuola con i bambini, utilizzando ad esempio Un sasso nella strada delle mie amiche Barbara e Ilaria.




(piccola bibliografia)



Infine, dopo la lettura condivisa dell'articolo di Giovanna Zoboli, ognuno ha scritto la propria Lettera a un sasso:



Caro sasso,
mi piace sentirti nel palmo della mia mano. Tu come ti senti lì?
Ami il calore della mia pelle, la forza delicata della mia stretta?
Quante onde hai conosciuto, audaci e potenti, capaci di addolcire i tuoi spigoli?
Hai aperto la tua porta segreta alla forza dell’acqua?
Ricami di schiuma ti sono entrati dentro,
nuvole dense di pioggia raccolgono in te la voce della tempesta.
La senti la forza delicata e calda della mia mano?

Sandra





Caro sasso piatto e lucente,
qual è il tuo nome?
Quale cammino hai percorso prima di incontrare il mio passo?
Sei stato riva o sentiero?
Vetta o fondale?
Fondamenta o camino?
Quale storia ha levigato la tua pelle di pietra?
Quanto pesa il tuo cuore di sasso?

La mia mano ti soppesa….
Dipenderanno da me i tuoi balzi sul mare?
Sarà per il solo merito della mia mano se danzerai, prima di diventare sirena?
E se invece sparirai nell’acqua con un tonfo sordo, sarà colpa solo del tuo peso, della tua forma inadatta?
Non è dalla tua forma né dalla mia mano che dipende il tuo volo, ma da quanto la mia mano ha considerato il peso del tuo cuore di polvere.
Caro sasso, prima di lanciarti su questo specchio di mare, devo sapere chi sei.

Anna





Caro Sasso
Dove sei stato finora?
Appena ti ho visto ti ho riconosciuto.
Ti volevo proprio così.
Sei liscio come una gigantesca biglia colorata.
I tuoi colori sono sfumature di grigio e acquamarina.
Il mare che ti ha solo sfiorato, ha giocato appena con i tuoi bordi taglienti.
Tagli, buchi, fessure si sono insinuate e ti hanno un poco scalfito.
Ma a me piaci così.
Mi piaci così come sei.

Chiara





Ciao sasso,
mi chiamo Francesca perché sono nata il 4 ottobre, giorno di San Francesco.
Nobile causa eh, ma nome banale, non mi ha mai entusiasmato.
E tu? Perché ti chiami sasso?
Certo che anche con te potevano fare di meglio.
Senti, facciamo una cosa: cambiamoci il nome!
Per un po’, per gioco, per vedere che effetto fa.
Parto io.
Dunque, potrei chiamarti… PASSO!
Ma no, sei troppo pigro per un nome così dinamico, non ti si addice.
Fammi pensare…
TASSO?
Mmm TASSO non è male. Ma tutti quei rimandi all’animale, ti manderebbero in confusione.
Pensa: “Ho un TASSO nella scarpa, devo toglierlo!”
Oppure: “ Ho calciato un TASSO sulla strada…” sai gli animalisti poi che casino, li avresti sempre tra i piedi!
No, TASSO non mi piace.
Ti chiamerò… MASSO!
Fatti vedere, girati un po’…no, sei troppo piccolo, poi mi inizieresti a soffrire di manie di grandezza.
CASSO no eh! Ti riderebbero tutti dietro!
Sai te: “Piacere Luca” “ Piacere CASSO!” e giù le risate.
Aspetta. Ho un’idea. Prendo il dizionario e torno.
Ho trovato!
LASSO. Ti chiamerò LASSO!
LASSO= aggettivo.
Significato: STANCO, AFFATICATO, SFINITO.
Scusa eh, non ti offendere, ma da quando ho iniziato a parlarti non hai spiaccicato una parola. 

Non ti sei mosso. Non un’obiezione, non un sorrisino.
Oh, ognuno ha il nome che si merita!
Si è fatto tardi.
Ciao LASSO. Sei bello eh, ma sulla socievolezza avrei qualcosa da dire.
Ah, dimenticavo… come hai detto che mi chiamo io?
----------------------

Va be', dai, Francesca va benissimo.

Francesca





Buongiorno sasso, stai bene? - ..... - Stai? - Eh - - Dove ti metto, stai? Sei bianco, sasso, anche di dentro? Non per mettere in dubbio la tua pienezza, sasso, ma nascondi, che so, delle trabecole? E poi, volevo sapere, dopo Szymborska e Zoboli hai lasciato entrare qualcun altr*?

Michele





Ti penso,pietra di lava,
penso a quando eri magma,esplosione,bagliore.
Da quali viscere della terra provieni???
Di fronte a te tocco il mio limite,
il mio finito.
Tu,un oggetto sacro.
Ti ascolto.
Mi parli di vento furioso,
di sabbia,di fiori rosa,
di antiche leggende.
In te sento il buio,
e il luccicare improvviso di stelle.
Penso che sia amore.


Annamaria







Ti ho trovato non so più nemmeno dove.
Mi chiedo chi ti abbia posato sulla mia strada.
 So che ho pensato che eri rotondo, quasi un ovetto...e ho avuto il primo sospetto.
Poi ho scoperto che anche la mia pancia sarebbe diventata tonda tonda

e speravo che restasse a lungo una pancia di tutto rispetto.
Non avevo idea che per farla crescere avrei dovuto fare tanta fatica.
Quando tutto è successo ti ho portato con me.
Ti ho fatto scivolare nella busta con la spazzola e la crema per il viso.
 Mi servivi da amuleto e fra le lacrime mi hai strappato un sorriso.
Giorno dopo giorno io ti venivo a toccare e tu tenevi chiuso dentro il mio universo: le mie speranze, i miei sogni segreti, la mia lotta.
Eri un sasso nonna perché mi ascoltavi e dicevi le preghiere con me.
Ora che la tempesta è passata non riesco a pensarti sasso.
Mi segui nello zaino di scuola, nella borsa, nella valigia delle vacanze.
Un giorno forse ti riposerò sulla strada di qualcuno perché tu possa essere di nuovo ciò che vuoi.
 
Federica






Caro sasso,
siamo state accusate di aver commesso un misfatto.
Con quella canicola, le caviglie ghiacciate e l’acqua del lago chiazzata di aloni unti, il pomeriggio ci gravava addosso.
Forse eravamo un po’ annoiate.
Ti abbiamo raccattato sul greto smosso.
Forse pensavamo di farti un piacere.
D’altronde – devi riconoscerlo – luccicavi un po’ troppo.
Forse eri pirite grezza, forse no. Ma che importa? In quel momento ci piacevi.
Un sasso dovrebbe comportarsi in maniera sobria. Non dare nell’occhio.
Un sasso dovrebbe attenersi al suo ruolo naturale: presentarsi grigio, goffo, greve; giacere conficcato tra le erbe qualsiasi; restare buono sul ciglio della strada o, al massimo, costituirne il fondo se proprio vuole sentirsi importante.
Invece tu ti facevi notare. Volevi attirare la nostra attenzione: ammettilo.
Non puoi negare che vi sia, in questa vicenda, un elemento di corresponsabilità.
No potevamo resisterti e ti abbiamo rapito. L’abbiamo fatto in un impeto di passione, però. Volevamo averti tutto per noi. Ti abbiamo conservato in un sacchettino morbido, arancione. Tu non protestavi. Giacevi inerte. Pensavamo ti piacesse
Ci dispiace, sasso.
È andata così.
Abbiamo promesso che ti avremmo riportato dai tuoi fratelli, ma non siamo in grado di riconoscere la medesima spiaggia, il punto giusto.
Anche se nulla sarà più come prima, per te, confidiamo nella tua capacità di adattamento, che dicono straordinaria.
Ci hanno invitate a chiederti scusa. Pensiamo di averlo fatto nel migliore dei modi, con questa lettera accorata e, soprattutto, con qualche onesto consiglio per il tuo futuro.

Cecilia

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